L’associazione Marco Pannella sabato mattina 15 febbraio con il consigliere regionale Francesca Franzoso e il segretario di Radicali Italiani Massimiliano Iervolino, ha effettuato una visita presso il carcere di Bari.
“Una struttura- racconta l’Associazione Pannella all’uscita dal carcere- che conosciamo bene date le numerose visite effettuate, e che pure,nonostante le tante segnalazioni, ancora vige in uno stato drammatico tantoche la settimana scorsa persino il Procuratore Generale di Bari dottoressa Tosto (che ne ha fatto visita sollecitata dal direttore) ha parlato di trattamento disumano.
Rispetto all’ultima visita che avevamo effettuato l’anno scorso, sono stati completati i lavori, chiesti dal direttore, per le docce in tutte le celle (cosa che molti instituti penitenziari tipo Taranto ancora non hanno) e una porta che separa le celle da bagno e cucina.
Questa di Bari è una casa circondariale vera e propria: praticamente quasi tutti i detenuti sono in attesa di giudizio. Il che vuol dire che, a differenza dei definitivi, non possono accedere ad attività trattamentale, rieducativa, permessi, ne al lavoro. Tutti i detenuti lavoranti sono alle dipendenze del carcere (i cui fondi sono limitati), mancano completamente ditte esterne che li assumono usufruendo della legge smuraglia, così come enti locali che sfruttino l’art.21 per lavori socialmente utili. A questo proposito è urgente segnalare la totale assenza degli enti locali, che pure dovrebbero occuparsene non solo perché il carcere è parte integrante della città e della società, ma anche perché diretti responsabili di impegni come il reinserimento.
I detenuti presenti sabato mattina erano 436 su 399 posti, e gli agenti su carta 236. In poche unità devono sopperire a traduzioni, copertura colleghi anziani, straordinari, 104, malattie, e la loro esiguità va ad incidere su tutte le restanti attività trattamentali, rieducative e sanitarie, nonché di sicurezza stessa dei detenuti e del personale tutto. A volte un solo agente deve coprire tre piani. Motivo per cui, oltre alle esigenze legate alla pericolosità e incompatibilità tra detenuti, in questa struttura le porte delle celle restano chiuse tutto il giorno.
Con il decreto ministeriale Orlando poi le piante organiche gia carenti sono state ulteriormente ridotte e ora ad esempio a Bari sono passati da 8 a 4 gli educatori e solo 2 gli psichiatri.
Ma essendo una casa circondariale appunto il lavoro è ulteriormente aggravato, poichè per ogni nuovo ingresso bisogna effettuare cartella clinica, controlli, colloqui con lo psicologo e solo lo scorso anno ci sono stati 1200 nuovi ingressi. Quindi piu aumenta il tournover piu aumenta il lavoro da fare e il personale necessario.
La convivenza tra detenuti che é una delle esigenze primarie cui l’amministrazione di Bari deve far fronte: in base ai clan di provenienza o al tipo di condanna, la prima necessità che deve essere garantita è che determinati detenuti siano separati da altri, il che comporta difficoltà di gestione di luoghi e movimenti che il personale deve vagliare con attenta geomeria. Ogni sezione ha aree socialità separate dalle altre e ognuna i suoi orari, per evitare che clan avversi si incontrano. Spazi che vengono ricavati da ciò che c’è, quindi all’occorrenza i passeggi diventano campi da calcio con asfalto mal messo, ma per ragioni strutturali non possono esserci palestre o campi, ne spazi verdi per i bimbi che vengono a trovare i padri. L’unica attività fisica concessa è un passeggio avanti e indietro lungo un corridoio di venti metri sotto il sole e sotto la pioggia. Eppure con grande sforzo ogni stanza possibile è stata adeguata al meglio per consentire almeno qualche aula scolastica, una biblioteca, salette socialità e colloqui. Questi ultimi vengono effettuati a prenotazione, con grande vantaggio per i parenti che non devono così compiere interminabili file come vediamo fuori da altri penitenziari.
Nonostante gli sforzi dell’amministrazione dunque, il problema principale è rappresentato dal rapporto con gli uffici sanitari, e quindi di competenza regionale.
Quello di Bari è uno degli 8 carceri di Italia in cui è presente il centro clinico (sai). È quasi un ospedale a tutti gli effetti, con 24 posti letto effettivi, ma in realtà quasi tutti i detenuti presenti a Bari vengono mandati qui perché malati o bisognosi di cure specialistiche. Il 70% dei reclusi presenta patologie sanitarie serie, 24 ricevute presso centro clinico interno le altre in sezioni medicalizzate. 150 sono i casi psichiatrici.
Circa trentamila le prestazioni sanitarie annue effettuate all’interno: C’è quasi tutto, attività ambulatoriali specialistiche di ogni tipo, cure, assistenza e diagnostica completa. Anche qui è quasi tutto merito del personale. Il direttore sanitario Nicola Buonvino, alto professionista di spiccata sensibilità e competenza, ma soprattutto con un approccio progressista e illuminato alla problematica, ha compiuto ogni sforzo nelle sue possibilità per mettere a punto la struttura ivi presente sia dal punto di vista del personale che degli spazi e della strumentazione. Tutto ovviamente confliggendo con la risicatezza delle risorse, della struttura e delle possibilità generali.
Come da noi segnalato anche nelle precedenti visite, vi è un forte problema di incomunicabilità tra il carcere, la cui direzione costantemente segnala richieste e necessità, e la Asl e il Policlino. Questi due essendo due enti differenti tra loro, si rimpallano la responsabilita sui detenuti che necessitano di cure sostanzialmente scaricandosene.
Al momento il cosidetto gabbione, un reparto per detenuti ricoverati, è ubicato presso il Policlino, che però dice non essere di sua competenza. Parliamo di dieci posti letto, su un fabbisogno notevolmente piu ingente, con responsabile solo un infermiere e nessun medico, e la totale incapacita di gestire i detenuti ricoverati.
La sua esiguità poi fa si che gli altri malati siano in corsia insieme degenti comuni. Ma piantonati, quindi con altri agenti tolti dall’organico del penitenziario.
Da mesi dopo la richiesta dell’amministrazione penitenziaria, la asl aveva promesso di prendersi in carico il servizio trasferendo il cosidetto gabbione presso il San Paolo, scelta ufficializzata anche con una delibera di gi dello scorso luglio. Ma difronte alle continue richieste da parte dell’amministraizone peniteziaria, visto lo stato di emergenza, di conoscere il cronoprogramma dello spostamento, la Asl ha prima provato a ritrattare, salvo poi, solo in seguito all’attenzione del Procuratore Generale, promettere, ancora una volta, che la presa in carico avverrà entro 14 mesi. A tale riguardo il 26 febbraio verrà firmato un protocollo tra le parti, cosa su cui vigileremo come sempre.
Ma l’emergenza rimane, e riguarda l’hic et nunch.
Come ad esempio il macchinario di radiologia con cui i detenuti effettuano esami, che non vengono però riconosciuti dal policlinico che li rimanda indietro. Da anni il carcere ha fatto richiesta di uno nuovo a distanza che dimezzerebbe le uscite, e quindi le spese e il personale fuori sede, ma non riesce ad averlo. Ma a maggio si vota e siamo certi che arriverà.
Come non è ancora arrivata nessuna delle strumentazioni coperte dai 300 mila euro ad hoc che il consigliere Franzoso aveva fatto mettere a bilancio 2019.
Emendamento ricordiamo appunto di 300 mila euro per dotanzione sanitaria nelle carceri di Bari e Taranto che nacque proprio da una richiesta che ci venne espressamente rivolta durante una precedente visita. A questo infatti servono le visite, costanti e frequenti, che l’Associazione Pannella fa in carcere, non passerelle. Per questo ci spiace che ad esempio la direzione del carcere di Taranto ci abbia negato gli ultimi permessi richiesti. Mentre sempre proficuo e fruttuoso è stato il rapporto instaurato negli anni con la direzione del carcere di Bari e in particolare con la dottoressa Pirè e il dottor Bonvino.
Tra l’altro le notre visite si rendono ancora piu necesarrie dal momento che invece il Garante in carica da 7 anni nominato dalla Regione Puglia, presidente di Confcoperative, oltre a convegni, contratti e protocolli, è totalmente carente proprio nel ruolo che gli spetta, ovvero garantire i diritti dei detenuti che nelle carceri pugliesi non sono garantiti affatto. E ogni volta che effettuiamo visite nelle carceri e parliamo con i detenuti ci dicono che mentre a noi ci vedono sempre, il garante regionale non lo hanno mai visto neppure una volta. Del resto pure la relazione annuale che dovrebbe consegnare è ferma al 2017.
L’unico barlume di speranza qui è dato dall’encomiabile professionalità, attenzione, responsabilità per il proprio ruolo e umanità della direttrice Valeria Piré, del responsabile sanitario Nicola Bonvino, del comandante della Polizia Penitenziaria e di tutta la squadra che riesce a gestire una struttura difficilissima, sia per pianta che per persone ospitate, che normativamente è ai limiti della costituzionalità e sotto il totale disinteresse delle istituzioni al di fuori.
Associazione Marco Pannella