“Dobbiamo ritornare con maggiore consapevolezza, senza dar nulla per scontato, alle nostre attività”
Domani riprenderanno le messe, don Filippo Santoro si appella ai fedeli: “La cosiddetta fase due è una grande prova di responsabilità e di attenzione alla quale la comunità cristiana deve continuare a rispondere con senno e dedizione.”
Il suo pensiero va agli ultimi: “Dobbiamo riprendere con vigore le ragioni della nostra speranza, invito tutte le persone di buona volontà ad occuparsi di chi è rimasto indietro”
Passata la fase 1, visto il diminuire del numero dei contagi da Coronavirus grazie al rispetto delle misure di chiusura disposte dal Governo, le maglie delle restrizioni hanno gradualmente iniziato ad allentarsi per accompagnare le persone al ritorno a una “nuova normalità”. Così, domani, lunedì 18 maggio, potranno riprendere diverse attività. Accanto alle attività commerciali come negozi di beni non di prima necessità, centri estetici, parrucchieri, mercati, è prevista anche la riapertura dei luoghi di culto. Seguendo procedure e accorgimenti specifici concordati con i tecnici del Governo e del Ministero dell’Interno, lunedì potranno riaprire le porte chiese, sinagoghe e altri luoghi di culto in tutta Italia.
Si tratta di una riapertura molto attesa da milioni di fedeli che hanno vissuto con grande difficoltà il lockdown. Per molti credenti, infatti, l’impossibilità di frequentare i luoghi di culto e partecipare alle celebrazioni ha acuito il senso di disagio e smarrimento. Molte persone, in ogni caso, hanno trovato proprio nella fede la forza per resistere alle restrizioni e la pazienza per sopportare una situazione sicuramente inaspettata.
Domani, quindi, riapriranno anche le chiese dell’Arcidiocesi di Taranto: i tarantini credenti hanno sofferto particolarmente il lockdown poiché esso ha sfortunatamente coinvolto sia la Settimana Santa e, quindi, i Riti, sia la festa del santo patrono, San Cataldo, che si sono svolte con la surreale assenza dei fedeli che hanno potuto seguire le celebrazioni solo in streaming.
Ai tarantini forzatamente privati delle loro tradizioni, l’arcivescovo Filippo Santoro ha inviato una toccante lettera.
“È stato ed è tutto nuovo e inedito. – ha scritto l’arcivescovo – Il Covid19 resta una provocazione presente nel nostro modo di vivere la fede, a ciò che più conta nella nostra vita ed è indubbiamente una sfida che continua a destabilizzarci ma è al contempo di sprone a trovare sempre nuove ragioni nel nostro vivere e nel nostro essere cristiani.
Viviamo il paradosso di rimanere chiusi, distanziati, eppure continuamente dobbiamo aprire gli occhi e il cuore alle necessità dei fratelli. La cosiddetta “fase due”, dopo il periodo di quarantena è una grande prova di responsabilità e di attenzione alla quale la comunità cristiana deve continuare a rispondere con senno e dedizione.”
In vista della riapertura, così come previsto dagli accordi tra il governo e la Conferenza Episcopale Italiana, l’arcidiocesi ha provveduto alla sanificazione di tutte le chiese parrocchiali e alla distribuzione di materiale informativo sulle nuove modalità da seguire.
Tutte misure necessarie perché, come afferma l’arcivescovo Santoro “La vita delle comunità deve ripartire, non possiamo fare a meno della Messa, dei Sacramenti, dell’ascolto della Parola di Dio. È vero che in questi mesi, a partire dal Papa, abbiamo profuso le migliori energie in termini di tecnologia e di creatività per far sentire la nostra vicinanza. I digital media si sono dimostrati una conquista dell’umanità e hanno consentito di rimanere “connessi”. Al contempo la vita ci ha fatto sperimentare che essi sono solo provvisori, segni di una comunione che ha bisogno di esprimersi nell’incontro, nell’abbraccio, nella condivisione. Ci si può nutrire in streaming? Evidentemente no. La realtà è un’altra cosa.”
“Dobbiamo ritornare con maggiore consapevolezza, senza dar nulla per scontato, alle nostre attività, – continua il prelato – senza far cadere la domanda che questa circostanza ci ha posto: chi può salvare la mia vita e quella di tanti fratelli che sono morti da soli? Riprenderemo quindi la dimensione più vera della vita cristiana che è quella incarnata, vissuta nella storia, nelle vicende concrete e non quella virtuale. È ovvio che è necessario passare dall’utile palliativo della fede dei social e della tv alla cura e al nutrimento vero!
Da un lato occorre vigore spirituale per non cadere nel banale e nella dimenticanza, dall’altro dobbiamo affrontare i problemi lasciati aperti da questa pandemia. Perciò cominciamo ad attenerci scrupolosamente a ciò che ci viene chiesto per il bene di tutti. Lo scenario normativo potrebbe cambiare per questo dobbiamo essere sempre pazienti e docili. Nelle nostre chiese si eserciti con generosità il servizio di accoglienza e la collaborazione con i parroci, chiamati in questo momento anche a vigilare perché tutto sia rispettato e curato, per questo motivo chiedo ad ogni singolo fedele di mettersi al servizio della serenità nelle nostre parrocchie.”
Il protocollo, infatti, impone misure stringenti per contenere il contagio: evitare gli assembramenti all’ingresso, sul sagrato o nella sagrestia; per ogni chiesa, è stata individuata la capienza massima per mantenere tra i fedeli il distanziamento sociale di almeno un metro; volontari e collaboratori, muniti dei dispositivi di sicurezza, dovranno vigilare per il rispetto delle norme all’ingresso e all’uscita della chiesa. Dove possibile, saranno distinti i percorsi in ingresso e in uscita. I fedeli saranno obbligati a indossare la mascherina e, accedendo in chiesa, dovranno igienizzare le proprie mani con il liquido disponibile all’ingresso; ai fedeli non sarà misurata la temperatura corporea, ma chi ha la febbre o è stato a contatto con casi positivi dovrà rispettare il divieto di ingresso in chiesa.
“È stato bello avvertire il vostro affetto e la vostra nostalgia” scrive don Santoro, dimostrando gratitudine verso i fedeli e annunciando che è sconsigliato rientrare nei soliti ritmi e, per questo, saranno garantite le messe e i funerali, la cui mancanza ha causato tante sofferenze in questi mesi, demandando ancora allo streaming gli incontri di formazione e di catechesi.
“Dobbiamo riprendere con vigore le ragioni della nostra speranza, incrementare la preghiera personale e la visita al Santissimo Sacramento, così come invito tutte le persone di buona volontà ad occuparsi di chi è rimasto indietro – continua l’Arcivescovo, dedicando parole di speranza e conforto verso i più deboli – Sono preoccupato per gli anziani, per i poveri, per gli emarginati, per tutte quelle persone che sono notoriamente fragili, che patiscono il disagio sociale e anche quello psichico e fisico. Tanti sono quelli che si sono rivolti a me per avere una mano, per chiedere una mediazione con le istituzioni, perché temono che non ci siano misure che possono realmente tamponare il danno economico dovuto a questa emergenza.”
Spronando i fedeli alla buona condotta e al rispetto delle norme, don Filippo Santoro spiega che “La Chiesa, che nasce dalla piena umanità di Dio che si fa uomo per salvarci, ha a cuore ciascuno. La situazione difficile che stiamo vivendo chiede un salto di qualità nelle nostre comunità. Credo che questa sia la frontiera della Chiesa nella presente circostanza: maturazione delle ragioni della nostra fede e opere di carità, capaci di reggere l’urto della realtà. Anche come cristiani non ci è risparmiato nulla; siamo nella stessa barca con tutti i fratelli e le sorelle. Rispettiamo e ringraziamo le autorità per quanto hanno fatto soprattutto per i più bisognosi, si veda per esempio, la regolarizzazione dei braccianti stagionali, italiani e stranieri. Facciamo un forte appello perché si faccia ancora di più per le famiglie, per l’educazione nelle scuole pubbliche statali e paritarie, per i nostri disoccupati, specialmente i giovani. In ogni situazione siamo chiamati ad essere fermento di speranza, costruttori di solidarietà e mai fautori dello scoraggiamento.”
Il prelato, infine, conclude la sua lettera con un augurio “Con questi sentimenti auguro, con la benedizione del Signore, una buona ripresa, continuando ad invocare la liberazione da questo male che è sì tremendo ed invisibile ma che potrà essere superato con l’aiuto di Dio, con il lavoro della scienza medica e con l’impegno di tutti.”
Francesca Perrone