Nota dell’associazione Giustizia per Taranto
I pubblici ministeri, concluse le indagini sulla scomparsa di Lorenzo Zaratta, ritenendo vi sia una precisa correlazione con l’inquinamento, hanno dato un nome a chi ritengono responsabile della sua malattia e della sua morte: l’ILVA di Taranto!
Lorenzo si sarebbe ammalato per aver assunto, quando era ancora allo stato fetale, le sostanze velenose a lui trasmesse, inconsapevolmente e non certo per sua colpa, dalla mamma che, durante la gestazione, lavorava al quartiere Tamburi.
Sì, avete capito bene: secondo quanto è emerso, le mamme possono trasmettere i veleni dello stabilimento siderurgico ai propri figli, che ben possono ammalarsi e morire per colpa dell’Ilva.
Per la prima volta, dunque, abbiamo un nome: per la prima volta nella storia della nostra città, i responsabili (all’epoca dei fatti) di alcuni reparti dello stabilimento siderurgico dovranno rispondere della morte di un bambino.
Di un bambino come tanti altri, di un bambino che sarebbe potuto essere il nostro, di un bambino che avrebbe avuto tutto il diritto di nascere sano, di giocare, di crescere e poi vivere la sua vita.
Ma a Taranto questo non sempre è possibile: a Taranto si può nascere con una grave malattia legata all’inquinamento e, poi, morire per questo!
A tali conclusioni si è giunti, tra l’altro, a seguito di numerose consulenze tecniche prodotte dalla famiglia Zaratta per il tramite del suo (e nostro) avvocato Leonardo La Porta, con l’apporto di professionisti di tutta Italia, tra cui la pediatra Annamaria Moschetti.
In tutto questo, lo Stato dov’era?
Ed oggi, lo Stato cosa sta facendo per tutelare la nostra città e i suoi abitanti?
La sentenza CEDU è ancora lì, da quasi due anni ineseguita, nel silenzio assordante del nostro governo, ben consapevole che l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo per non aver tutelato, tra l’altro, la vita privata dei tarantini.
Continueremo ad aggiornarvi su questa grande battaglia legale, non solo per Lorenzo e per l’intera famiglia Zaratta, ma anche per ogni singolo tarantino, per tutti i bambini nati sotto il cielo di Taranto e per quelli che nasceranno persino altrove, portandosi dietro, però, un nefasto bagaglio genetico.
La strada per la giustizia è lunga, ma non ci fermeremo finché non sarà compiuta, pur sapendo che non esisterà mai risarcimento adeguato per una vita strappata, a maggior ragione per quella di un bambino: tutto l’acciaio del mondo, davvero senza retorica, non vale la vita di un solo bambino.