Aiuti del Governo da elemosina. Il comparto rischia il collasso perché con i prezzi che si stanno proponendo non si coprono nemmeno i costi per la coltivazione e la raccolta
Lizzano (Taranto) – Prima la peronospora che dal nord al sud della Puglia ha decimato migliaia e migliaia di ettari di vigneto; adesso la speculazione messa in atto dai commercianti: a rischio collasso migliaia di aziende vitivinicole pugliesi.
CIA Agricoltori Italiani Puglia denuncia la forte speculazione che i commercianti di uva da vino stanno praticando nei confronti dei produttori.
Tale situazione si sta vivendo in ogni angolo del territorio regionale, a cominciare dalla zona del primitivo di Manduria, dove la vendemmia è già ai nastri di partenza, rispetto ad altre aree della Puglia dove invece si registra qualche ritardo.
Ad una perdita di produzione stimata intorno al 50% a causa dei danni causati dalla peronospora, in questi giorni si sta assistendo all’ennesima mortificazione dei viticoltori messa in atto da commercianti senza scrupoli che stanno proponendo prezzi dell’uva che si attestano intorno ad un terzo dei prezzi praticati lo scorso anno. Si tratta di prezzi dell’uva che non permettono di coprire nemmeno una parte dei costi di produzione, per coltivare i vigneti e per effettuare la raccolta, soprattutto in questa annata dove i costi di coltivazione si sono moltiplicati all’inverosimile per gli aumenti di gasolio, energia elettrica, fertilizzanti e concimi ed altri fattori di produzione e per la necessità di praticare numerosi trattamenti fitosanitari per arginare il dilagare della peronospora e dell’insetto Cicalina.
PREZZI DA FAME E FORTI SPECULAZIONI IN ATTO. Come per il grano e per altri prodotti agricoli anche per l’uva da vino per la vendemmia 2023 si segnalano forti movimenti speculativi messi in atto da veri e propri “avvoltoi” che si aggirano per le campagne proponendo prezzi da fame ai nostri viticoltori.
Ai produttori della zona di Taranto e Brindisi vengono proposti 70 euro al quintale per il Primitivo DOC, 35 euro al quintale per il Lambrusco, 40 euro al quintale per le uve IGT, 70 euro al quintale per le uve Chardonnay. Un prezzo pari ad un terzo dei prezzi praticati lo scorso anno. Praticamente prezzi che non permettono ai produttori di coprire i costi di produzione e raccolta che da dicembre scorso ad oggi si aggirano intorno agli 8.000 euro ad ettaro. A tali costi vanno poi aggiunti i costi straordinari per la campagna 2022/2023 per i 25/26 trattamenti effettuati a causa delle fitopatie pari a euro 2500, più euro 800 per ettaro per la vendemmia e trasporti.
Ovviamente in un’annata come queste a causa delle fitopatie e delle alte temperature in alcuni vigneti vi è stata una riduzione di produzione del 50% per questo non si è nemmeno raggiunto il quantitativo di 90 quintali per ettaro e i 21 gradi Babo previsto dal disciplinare DOC.
“Il mercato è stagnante a causa della crisi economica e per via delle giacenze – dichiarano Pietro De Padova e Vito Rubino, rispettivamente presidente e direttore della CIA Agricoltori Italiani area Due Mari (Brindisi-Taranto) – Ai produttori di uva da vino vengono proposti prezzi al di sotto dei costi. La stagione dal punto di vista commerciale sta partendo con il piede sbagliato. L’attuale situazione può destabilizzare il futuro di tante aziende. Chiediamo alle istituzioni preposte, Regione e Governo in primis, di mettere in atto tutte le azioni utili a contrastare questa situazione, partendo dai controlli. Anche per l’uva da vino serve responsabilizzare tutta la filiera affinché responsabilmente vengano praticati prezzi ai produttori equi e che riconoscano i sacrifici che i viticoltori compiono in una intera annata”.
SCARSA QUANTITÁ, BUONA QUALITÁ. Le prime stime sembrano delineare una delle vendemmie più difficili degli ultimi 40 anni, a causa del maltempo, dei cambiamenti climatici (piogge seguito da ondate di calore) che ha favorito la Peronospora e gli attacchi dell’insetto Cicalina. Disagi a cui si aggiungono l’inasprimento sconsiderato dei costi di produzione, con il consueto e insostenibile aumento del prezzo del carburante, che incide particolarmente sui costi di trasporto delle uve verso le cantine, criticità produttive che poi non vengono compensate dal riconoscimento ai produttori un prezzo giusto e adeguato. Pertanto, la campagna vitivinicola 2023 pare irrimediabilmente compromessa, sotto molteplici e differenti aspetti.
Nella zona a cavallo tra le province di Taranto e Brindisi si prevede una perdita di produzione almeno del 50% rispetto a quella dello scorso anno, con una resa alla vinificazione che si attesterà intorno al 55-60% rispetto alle medie del 70-75% delle annate normali.
In alcuni areali delle province di Taranto e Brindisi il danno ha raggiunto anche l’80%. Oltre agli attacchi del patogeno a comportare un ulteriore danno sono state le alte temperature che si sono registrate dalla fine di giugno fino alla metà di agosto e gli attacchi della cicalina verde.
Dati Istat
MISURE INSUFFICIENTI. “Avevamo chiesto al Governo di mettere in campo strumenti straordinari e adeguati per ristorare gli agricoltori – evidenzia Giannicola D’Amico, vicepresidente vicario di CIA Agricoltori Italiani di Puglia – Anche stavolta però, come sul grano e altre importanti questioni, vediamo che questo Governo, quando si tratta di agricoltura, è più bravo a parole che con i fatti, perché agli annunci roboanti corrispondono misure piccole piccole. Il milione di euro impegnato dopo la decisione del CdM è assolutamente insufficiente.
Il Governo, così come ha fatto per altri capitoli (come per il granchio blu per il quale sono stati destinati 2,9 milioni di euro), trovi le risorse aggiuntive necessarie.
Gli agricoltori ci mettono tutti i loro sacrifici, si accollano rischi crescenti, vanno avanti nonostante tutto e tutti, ma diventa sempre più difficile fare fronte a questa assoluta mancanza di attenzione da parte del Governo anche dopo che il disastro peronospora si è abbattuto sulla nostra viticoltura. Ai viticoltori, in pratica, viene fatta l’elemosina”.
IN PUGLIA 5 MILA ETTARI DANNEGGIATI. In Puglia, complessivamente e dunque considerando ciascuna delle 6 province, la peronospora ha danneggiato circa 5mila ettari di vigneti. Un ettaro di uva da vino totalmente compromesso rappresenta una perdita stimabile in non meno di 10-12mila euro per un produttore; se si tratta di uva da tavola, invece, il danno per il mancato raccolto di un ettaro si attesta attorno ai 20mila euro. La perdita produttiva in Puglia varia in modo anche considerevole da zona a zona: si va da un minimo del 20% a un massimo che arriva anche oltre l’80%. Una media complessiva è stimabile tra il 45 e il 60%. I danni, dunque, già tenendo presente soltanto la Puglia, una delle regioni leader nella produzione di uva, sono enormemente superiori a un milione di euro, cioè a quanto stanziato dal Consiglio dei Ministri.
I NUMERI. L’Istat nel 2022 ha rilevato per la regione Puglia una produzione di vino pari a 10.8 milioni di ettolitri (+13% sul 2021), la più elevata di sempre e del 40% superiore alla media storica 2012-21, a fronte di una superficie vitata di 94.263 ettari e una produzione che ammonta a 16.382.000 q.li di uva da vino. Il “record” se così si può dire (visto il contesto, con sempre più evidenti richieste di distillazioni di crisi) è sostanzialmente generato dagli incrementi di produzione di vino IGT (il 71% sopra la media storica, 3.5 milioni di ettolitri) e di vino comune (+32%, 6.5 milioni di ettolitri), mentre per quanto riguarda il più pregiato vino DOC la produzione resta nell’ordine di 0.8 milioni di ettolitri, quindi il 7% sopra la media storica e il 7% della produzione totale. La campagna vitivinicola 2023, invece, è irrimediabilmente compromessa.
CRISI SENZA FINE, GIACENZA 2022-2023. Al 31 luglio 2023, negli stabilimenti enologici pugliesi erano ancora presenti oltre 5 milioni di ettolitri di vino, rispetto ai 45 milioni complessivi a livello nazionale. Anche su questo è necessario che vengano attivati i necessari controlli.
Presenti il presidente Nicola Cristella dell’Ordine Agronomi Taranto e il componente esecutivo Tonino De Luca di Cia Due Mari nonché presidente cooperativa di Cellino San Marco.
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