Dopo 20 anni di soggiorno intrisi di delinquenza, per il marocchino Hasan Hamis potrebbe scattare la custodia cautelare per l’accoltellamento del poliziotto alla stazione di Lambrate
MILANO – Hasan Hamis è quel frutto un po’ marcio che troviamo sull’albero. Quello che – pur con tutte le caratteristiche possibili per non doversi trovar lì – è ricolmo di pietas e indifferenza, dopo 20 anni di abituale soggiorno e molteplici provvedimenti di espulsione alle spalle. Marocchino di origine, delinquente abituale di professione.
Dalla lama facile (per difesa, come affermato nell’ultimo interrogatorio al Gip di Milano Lidia Castellucci) vanta un curriculum vitae eccelso: ha precedenti per rapina aggravata, furto, lesioni personali, droga e sequestro di persona, tutti utilizzando il coltello. Fermato per la prima volta a Napoli nel 2002, fornirà un alias alle autorità. Solo uno dei 22 successivamente utilizzati, con un ampio ventaglio di personalità. Passerà infatti dall’essere marocchino a israeliano, poi palestinese.
Le mille sfumature di nazionalità non accontentarono le autorità, che già emisero nel 2004 il primo provvedimento di espulsione. A nulla servirà, poiché le autorità nazionali non lo imbarcheranno su un volo di rientro, né sigleranno un accordo di rimpatrio. Affinché uno straniero possa ritornare nel proprio paese di origine, occorre che il destinatario lo riconosca come cittadino. I cittadini “problematici” non sono però riconosciuti per un rimpatrio, alimentando un gioco della patata bollente, dove il fardello è a carico dello stato attualmente ospitante, che dovrà disporre degli organi giudiziari a tutela dell’ordine pubblico (nei casi come questo). Da Rabat, infatti, non arriverà mai nessuna risposta alla richiesta di rimpatrio.
Nel mese di luglio dello scorso anno il Prefetto di Avellino emana l’ennesimo provvedimento di espulsione. Ma nulla, nei centri per il rimpatrio non c’è posto. Allora il foglio di via per lasciare il paese in 7 giorni. Ma Hamis non se ne andrà, proseguendo ininterrotto e indisturbato una carriera criminale che ha avviato da un ventennio.
Ma quella sera alle ore 23.03, stazione di Lambrate, camminava sul binario 12 e lanciava pietre ai passanti di sotto. Colpisce una donna di 55 anni alla testa, poi viene rincorso dagli agenti della Polfer che tentano di fermarlo. Non ci riescono e chiedono il supporto alla questura. Arrivano due volanti, su una la «Zara», c’è il vice ispettore Christian Di Martino, agente addestrato ad usare il taser. Dopo aver bloccato Hamis, viene ricompensato con una coltellata quasi letale. Occorreranno poi 7 ore di intervento chirurgico d’urgenza.
Interrogato nel carcere di San Vittore, dichiarerà di “vivere in strada, portarsi abitualmente il coltello per difesa, vivere in uno stato di profondo disagio”. Ma il quadro indiziario potrebbe far scattare la custodia cautelare per l’estrema pericolosità sociale del soggetto (attualmente siamo in attesa della decisione del Gip).
I numeri parlano chiaro. Descrivono lucidamente una realtà italiana in balia delle onde, un aumento vertiginoso delle attività criminose, una salita in vetta della città di Milano come prima città pericolosa italiana. Il Fatto Quotidiano riporta un trend di denunce in salita: +10,5% per rapine e oltre 75% per estorsioni. Roma segna invece un incremento dell’11,46%. Sul podio delle città più pericolose Milano. Roma seconda, con Rimini e Bologna che seguono la classifica. Poi al sud Foggia, Napoli, Catania, Bari, tra le peggiori.
Ma la cronaca nera è una narrazione abituale. Spinge alle stelle le insoddisfazioni dei cittadini, stanchi di non sapere se e come faranno ritorno a casa nelle ore notturne. Le stazioni e i luoghi poco frequentati possono essere un contenitore di criminalità, ancor peggio nelle grandi città. Lo Stato deve per legge disporre delle autorità competenti alla sicurezza pubblica, ma il cordone di fiducia tra istituzioni e cittadini sembra essere leso sempre più. Specialmente se soggetti come Hamis possono trattenersi indisturbati per ben 12 legislature diverse, dove la sicurezza sembra essere stata posta in ultimo piano.
Ecco che allora ci troviamo di fronte ad un braccio di ferro con il crimine, una lotta con le forze dell’ordine, una rottura degli equilibri. Tra vecchio e nuovo continente non scorre buon sangue. A ovest, Florida, il 25enne Mattia Falcinelli è stato brutalmente violentato dagli agenti che lo avevano tratto in arresto (la polizia di Miami ha poi aperto un’indagine, con il coinvolgimento legale di un avvocato e della Procura di Roma), mentre a Milano, al netto opposto, il vice ispettore Christian Di Martino poteva non far più ritorno a casa.