E’ una domanda da farsi sempre, prima di “esportare la democrazia”, ovunque.
La questione afgana è al momento l’argomento più presente sui social. Con le solite contrapposizioni, spesso dettate solo da pre-valutazioni di natura ideologica. Gli anti americani non mancano naturalmente di prendersela con gli yankee, sorvolando sul fatto che tutte le grandi potenze puntano ad avere il controllo su aree di interesse strategico ed economico. Spiazzata certa sinistra dal fatto che a decretare il ritiro dell truppe sia stato Biden e non Trump, anche se è stato il tycoon ad avviare il “lavoro”.
“La missione era fermare il terrorismo, non costruire una nazione” con questa affermazione del presidente USA si comprende chiaramente come gli americani non siano mai stati interessati a “esportare la democrazia“. Del resto la democrazia non si esporta, non si impone soprattutto. Non si può fare colonialismo culturale: “Gli afgani non vogliono lo stato laico e la democrazia. E non capiscono la parità di genere”, sono parole di Alberto Cairo, fisioterapista, da 32 anni a Kabul per conto del Comitato internazionale della Croce Rossa (vedi QUI).
Sono valutazioni di chi conosce molto bene il popolo afgano, sicuramente più di chiunque faccia analisi a distanza.
In realtà, ciò vale per l’ Afghanistan, come per la Libia, la Siria, l’Iran e così via, c’è una domanda che andrebbe sempre fatta: cosa vuole il popolo Afgano? Si dice che dopo 20 anni l’occidente abbandoni quel popolo. Ma se dopo 20 anni, nel giro di meno di una settimana, una minoranza (di questo si tratta) assume il potere, e ripristina un sistema ed un clima culturale assolutamente in contrasto con il nostro modello di civiltà, qualche dubbio sulla effettiva volontà di resistere è legittimo.
Non dimentichiamo che il ruolo della donna, che oggi è particolarmente oggetto di discussione, è in ogni caso subalterno all’uomo in tutte le realtà islamiche. L’estremismo talebano porta al massimo livello questa concezione ma si parte da una visione che non è generalmente quella di noi occidentali. (andrebbe poi fatta comuqnue un’analisi di come noi occidentali in realtà pratichiamo ciò che predichiamo, vedi QUI.)
Con ciò non si vuole affermare che gli Afgani siano tutti entusiasti del ritorno al passato, ma di certo i talebani non hanno incontrato grande resistenza. In 20 anni c’è stato tutto il tempo per costruire un sistema autonomo di governo in grado di affermare un modello di civiltà più avanzato; non si può pensare che il fallimento sia da attribuire al mondo occidentale e a chi è stato presente in questi anni a Kabul e dintorni, italiani compresi.
Sia chiaro: nessuno è stato mai interessato a portare in giro nel mondo libertà e benessere, investendo danaro e vite umane. Chiunque lo abbia fatto è sempre stato motivato da grandi interessi di natura geopolitica ed economica. Questo vale per tutti però. Non a caso pare che la Cina sia vicina ad un riconoscimento ufficiale del nuovo regime. E c’è da credere che sarà seguita da altri…..
Aiutare chi oggi è a rischio è doveroso e va fatto, ma poi ogni popolo deve costruire il proprio futuro con le proprie forze e secondo la propria volontà.
F.R.