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    CPA Puglia: rieletto l’avv. D’ Errico

    Ago 15, 2020 #caccia, #CPA

    Alla vigilia della riapertura della caccia ritorna il dibattito con gli ani-ambientalisti

    L’avvocato tarantino Francesco D’Errico è stato rieletto presidente regionale per la Puglia dell’associazione venatoria C.P.A. (Caccia Pesca e Ambiente). Componente della giunta esecutiva nazionale, lo abbiamo incontrato a Cisternino dove, in presenza del presidente nazionale Avv. Alessandro Fiumani e del suo vice Martino Santoro, ha partecipato al consueto appuntamento programmato in prossimità dell’apertura della nuova stagione di caccia. In quella circostanza era presente anche l’europarlamentare di Fratelli d’Italia Pietro Fiocchi (vedi intervista QUI), in Puglia per la campagna elettorale a sostegno di Raffaele Fitto. Tra i cacciatori presenti anche i due candidati di Fr.lli D’ Italia Giovanni Maiorano e Tommaso Scatigna.

    Avv. D’ Errico ci parli del C.P.A.

    Il C.P.A. è un’associazione venatoria con una forte connotazione anche ambientalista. Infatti si chiama CPA, perché Caccia Pesca ed Ambiente sono fra loro elementi connessi; siamo cacciatori ma siamo particolarmente attenti al mondo che ci circonda. La nostra è un’associazione moderna, dinamica che ha particolarmente a cuore le sorti dell’ambiente perché non ci può essere la nostra passione, non ci può essere l’attività venatoria, se non c’è un ambiente sano e pulito, incontaminato.  Siamo dei forti precursori di quelle che sono poi in realtà le vere sentinelle dell’ambiente, perché noi siamo quelli che vigilano nei boschi che vigilano nelle campagne; un dato di fatto importante è che quando inizia la stagione venatoria nella stragrande maggioranza dei luoghi dove si verificano gli incendi boschivi tipici estivi la nostra presenza serve a dare il necessario allarme e salvare ettari di bosco.  A parte questo c’è anche un ragionamento che fa riferimento agli equilibri che si riferiscono anche alla fauna, perché ci sono anche delle specie sono dannose per l’agricoltura. Possono creare problemi e attraverso la caccia si dà un equilibrio; questo quando meno è quello che emerge anche da alcune valutazioni di esperti del settore. Ma la caccia moderna è anche questo è anche gestione dell’ambiente perché, parliamoci chiaro, oggi non esistono più i predatori naturali di una volta e quindi ci sono alcune specie che sono assolutamente in grandissimo soprannumero e possono creare danni all’ambiente, ma possono creare danni anche alle specie animali e all’uomo. È il caso ad esempio del cinghiale che se non viene contenuto con appositi piani di selezione e con appositi piani di abbattimento è una specie assolutamente dannosa sia per gli incidenti che può provocare sulla strada sia per quanto riguarda i danni importanti alle colture. Ma mi piace pensare anche allo storno; lo storno che in Italia per una assurda decisione presa dall’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi è diventato una specie protetta, in forte soprannumero. Penso alle colture del Salento che sono già fortemente colpite dalla xylella, e che quei pochi alberi ancora rimasti sono oggetto di predazione da parte di nuvole di storni; la caccia può essere un ottimo sistema di equilibrio perché laddove non può più regolare la natura ci pensa l’uomo. Ma non è soltanto questo, ci sono dei casi in Italia importanti in cui in alcune zone protette si sono manifestate delle importanti malattie che alla fine danneggiano ambienta e fauna.

    La caccia oggi è confinata nei cosiddetti ATC che voi contestate perché?

    Gli ATC ambiti territoriali di caccia sono stati introdotti con la con la legge 157 del 92, una legge ormai vecchia, datata, che avrebbe bisogno di essere di essere rivista. Questi Ambiti furono introdotti con lo scopo di vincolare il cacciatore al territorio, perché questa legge tra le sue tante cose prevede degli interventi da parte degli organi di gestione, un comitato di gestione degli ATC che dovrebbe programmare la caccia e riqualificare il territorio. Noi come CPA associazione venatoria, riteniamo che gli ATC siano stati una delle rovine, una delle cose che hanno portato al declino e all’ importante riduzione del numero dei cacciatori, perché il cacciatore con quella norma si sente rinchiuso in dei recinti. Ci sono regioni dove ci sono 4, 5, 6 ATC perché hanno delle dimensioni sub provinciali; per chi come noi del Sud migratoristi hanno necessità di andare a cercare la selvaggina nei posti e nei luoghi a seconda delle stagioni e a seconda dei tempi, essere vincolati a rimanere in una determinata zona non funziona.  Ci sentiamo rinchiusi e la caccia non è restrizione; la caccia per sua stessa definizione e libertà, è vagare per boschi e per campagne alla ricerca del selvatico. Potrebbero avere un senso residuale questi ATC quando parliamo di fauna stanziale perché la fauna stanziale effettivamente può essere gestita con la riqualificazione e con la tutela del territorio. Quindi penso al fagiano, penso alla lepre, penso dov’è possibile reintrodurre la Starna Italica o la lepre Italica, lì con effettivi piani di ripristino ambientale, con delle colture a perdere, con la creazione di pozze d’acqua o altro è possibile valorizzare gli ATC.  Ma non per la migratoria.  Noi siamo per la assoluta e totale libertà su tutto il territorio nazionale.

    A proposito di recinti e di limitazioni è recente la istituzione del Parco del Mar Piccolo; cosa ne pensa?

    Non solo la caccia avrà ripercussioni negative da questa novità. Il Parco del Mar Piccolo di recentissima istituzione è stata una battaglia vinta dalla maggioranza al governo pugliese. In questo momento la cosa che più ha fatto rabbia a noi dirigenti di categoria, dirigenti di associazioni venatorie, è che tutta l’istruttoria relativa a questo parco è stata curata da remoto nel bel mezzo del periodo covid-1; mentre la gente moriva c’era qualcuno che pensava a fare di tutto per l’istituzione del parco. È bene precisare che Parco del Mar Piccolo è una definizione impropria perché parte dal Mar Piccolo e poi si estende da San Giorgio, comprendendo i comuni di Grottaglie e Taranto per arrivare fino a Statte. Stiamo parlando di un’estensione di oltre 6000 ettari che si vanno ad aggiungere alle altre migliaia già preclusi. Io credo che questo parco farà la stessa identica fine del Parco delle Gravine. Cioè sostanzialmente vuoto, privo di contenuti che non ha ancora una effettiva gestione e in cui tutto si può fare come attività più o meno lecite meno che andare a caccia. Il parco del Mar Piccolo tra l’altro interessa una zona che più che essere tutelata avrebbe necessità di essere bonificata perché è da anni che si parla di bonifica del Mar Piccolo ed ora sostanzialmente abbiamo ingessato definitivamente quella zona perché probabilmente con l’istituzione del parco mai più nessuno potrà pensare di andare a mettere mani in quei luoghi. Mi sorge il dubbio che una delle motivazioni per cui questo parco è nato è proprio quello di non tirar fuori la storia.

    In genere nei paesi più evoluti europei fra associazioni venatorie associazioni animaliste e ambientaliste di solito si rileva un certo dialogo; in Italia si assiste ad una dialettica molto spinta, perché?

    Qui in Italia c’è un vero e proprio scontro, cioè soprattutto da parte delle associazioni animaliste un atteggiamento al limite anche della violenza verbale. Ovviamente nei confronti del cacciatore. L’Italia ha preso da qualche anno questa deriva animalista perché ormai va di moda ed è politicamente scorretto dichiararsi cacciatore; è molto più trendy dire che si è ambientalisti e animalisti o vegani. Noi riteniamo che sia invece opportuno un dialogo con ambientalisti e animalisti. Anche noi siamo ambientalisti non radicali certamente; perché la gestione del territorio, la gestione della natura, non è qualcosa che sia prerogativa di un’associazione e non può esserlo. Io credo che dialogando e senza estremismi si potrebbe tranquillamente trovare qualche soluzione condivisa.  Sicuramente più idonea rispetto all’attuale mancanza di confronto; perché noi cacciatori siamo disposti a sederci a qualsiasi tavolo e avviare un confronto con fare propositivo. Va anche detto che purtroppo alcune istituzioni pubbliche che dovrebbero essere super partes molto spesso sono apertamente schierate dalla parte delle associazioni, ani-ambientaliste. E questo non facilita il dialogo.

    nota di redazione:

    Siamo ben coscienti che l’argomento caccia determini sempre reazioni, a volte anche forti. Noi siamo per dare spazio a tutti e quindi siamo a disposizione di chi volesse intervenire da qualunque altro punto di vista ed osservazione.

    Redazione

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