Così un barista minacciosamente ha strappato una sciarpa ad un ragazzo di una scolaresca, davanti agli occhi dei compagni e della guida turistica
TARANTO – Immaginate di trovarvi, con il vostro gruppo di amici, in una gita turistica. Avete una sola colpa. Quale? Indossare la sciarpa sbagliata. Motivo per il quale potreste subire una minaccia o un aspro “rimprovero” verbale. Esattamente ciò che è accaduto al giornalista Marcello De Stefano, guida turistica e cultore di percorsi storici e culturali. Ne avrà viste di cotte e di crude, ma ha condiviso con noi la sua testimonianza.
Virale, infatti, un video che ritrae una scena di cui non essere fieri. Mentre il gruppetto di studenti baresi, all’altezza dell’università (sede di Giurisprudenza) percorreva via Duomo alla presenza del dott. De Stefano e del loro professore, un barista poco incline al dialogo ha intimato e minacciati gli studenti di togliere la sciarpa del Bari. “Se non ve la mettete in tasca, ve la togliamo noi. Maestro, fai togliere la sciarpa, rispetto per la nostra città” – tuona il barista. A quel punto il giornalista, ben consapevole dell’assenza di basi su cui dialogare, e volendo riportare la quiete, invita i ragazzi a non cedere alle provocazioni e non rispondere all’uomo.
“Ma il calcio – esclama uno studente in sottofondo – non è un divertimento? Cosa è diventato, una guerra?
“Noi stavamo facendo una semplice visita guidata – ci ha spiegato il dott. De Stefano – pacificamente, e arriva questa persona esagitata con cui non si poteva ragionare. Ho fatto cenno ai ragazzi di non rispondergli e non cedere alle provocazioni, anche perché dei ragazzi di 14 anni non si trattano in questo modo. Non c’è nessun motivo per cui non si possa rappresentare la propria città anche con una sciarpa. Noi italiani all’estero lo facciamo.”
Tema principale è la violenza calcistica, che dagli stadi può viaggiare sino ai nostri marciapiedi. Violenza che non lascia spazio al dialogo e alla diversità, perché – denuncia la guida – “non è possibile camminare per strada e incorrere in questi episodi”.
“Intanto l’episodio poteva pericolosamente sfociare in una rissa, e infatti i ragazzi e il professore sono stati bravi ad ascoltarmi e a non cedere alle provocazioni. E peraltro se è successo ieri, può accadere un’altra volta, dobbiamo evitarlo.”
Cosa potremmo fare per risolvere la problematica, cioè come lavorare come cittadini?
“Ho un’idea, fondare un’associazione Amicizia Taranto Bari, visto che dobbiamo partire da noi, anche perché è assurdo che due città vicine debbano sentirsi così rivali. Possiamo tifare Inter, Milan, e non Bari? Perché questa violenza?
Anche per il fatto che le due squadre siano in due serie diverse, non ci sarebbe – sottolinea il giornalista – nemmeno un motivo tecnico di incompatibilità o avversione tra loro. “Rispondere al male con il bene, ecco cosa dovremmo finalmente fare” – conclude ancora De Stefano.
Ma l’epicentro è ben più in profondità, celando un’equazione distorta alla base. Devo accontentare il violento, e quindi evitare le fondamenta della violenza. È l’avvertimento della tana del lupo. “Non entrarci, altrimenti ti fai male”. Per quale motivo non educare il violento al rispetto, anziché lavorare sulle parti lese? Perché in un mondo di violenza, con una bassezza culturale che questo tipo di realtà rivela, è ancora necessario porre attenzione persino ad una sciarpa, e non lavorare sull’educazione culturale di alcuni soggetti talmente arroccati nel loro da invadere la sfera altrui?
Del resto le guide turistiche avvertono dalla notte dei tempi, invitando i cittadini a porre attenzione nell’evitare tutti quei comportamenti che possano provocare una contro risposta. Così su globalist, in merito al famoso “Palio di Siena”, un articolo riporta l’esistenza di un libro apposito per avvertire i turisti. “Guida pel forestiere avvertito”, consigliando ai visitatori non solo come comportarsi nei lunghi giorni della festa senese – quattro, per l’esattezza – ma anche quali domande dovessero evitare e quali luoghi comuni convenisse loro di scansare. Tutto questo per far sì che questa festa risultasse un’esperienza esaltante e non giornate d’inferno da cancellare dalla memoria.”