Insediatosi il 2 maggio scorso, ha le idee chiare sul lavoro da fare. Un lavoro che non sarà semplice in una città che ha evidenti difficoltà sociali, che, più di qualche volta, alimentano la criminalità.
Parliamo di Giuseppe Bellassai, classe 1962, il nuovo questore di Taranto, il quale porta con sé un curriculum di indiscutibile spessore, dal quale emergono importanti esperienze fatte nella “sua” Sicilia (originario di Santa Croce Camerina) a capo della squadra Mobile di Ragusa e a Lampedusa.
Per il nuovo questore fondamentale è l’importanza della presenza della Polizia nelle strade, soprattutto in termini di prevenzione e repressione dei crimini, che deve avvenire anche attraverso un’adeguato spirito di collaborazione con gli altri enti, le istituzioni e i cittadini stessi.
“Oltreilfatto” è andato a trovarlo per scoprire cosa c’è nel futuro della sicurezza di Taranto…
Dott. Bellassai, il capoluogo jonico è indubbiamente un territorio molto complicato sotto molti punti di vista. Difficoltà che inevitabilmente possono avere anche ricadute negative nel sociale e che possono alimentare attività malavitose.
“Sì, come dice lei, confermo che Taranto è un territorio complesso, che evidentemente ha dovuto affrontare negli ultimi anni (probabilmente in concomitanza con la vicenda Ilva), una serie di difficoltà, che hanno anche avuto un pesante risvolto occupazionale, sfociate quindi in difficoltà di carattere sociale con una ricaduta anche sulla sicurezza della città e sullo stato della criminalità organizzata. L’impressione che ho avuto però in questo primo mese è che nonostante si tratti di un territorio assolutamente complesso e difficile è comunque un territorio che ha grandissime potenzialità. Un territorio che ha grandissime possibilità di traguardare questo momento complicato e di guardare al futuro in maniera più serena e con un certo ottimismo. Ci sono anche grandi professionalità, soprattutto nei campi fondamentali per lo sviluppo socio-economico della città.
Inoltre, dal punto di vista estetico è un territorio molto bello, con bellezze paesaggistiche assolute che, probabilmente, sinora non sono state sfruttate adeguatamente in termini di turismo. Però Taranto ha un mare e un centro storico di alto livello.
Ma veniamo a noi… per quanto riguarda la criminalità, mi sembra che ci sia una situazione abbastanza sotto controllo. Ma questo, attenzione, non è sinonimo di una situazione di tranquillità. Assolutamente no.
Ho comunque percepito che mi trovo di fronte a una città che ha subìto e vissuto dei momenti di difficoltà dal punto di vista della criminalità organizzata, associata a una serie di reati importanti e con fatti di sangue molto frequenti. Oggi questo non si verifica più, ma non vuol dire che la criminalità organizzata si sia spenta o abbia ridotto le sue attività.
Sta svolgendo la sua attività in maniera diversa, diciamo più ‘intelligente’, su altro, soprattutto sullo spaccio di stupefacenti”.
A proposito di stupefacenti, Taranto sembra essere una piazza abbastanza “vivace”…
“Sì, è vero. E’ una piazza molto ‘vivace’ da questo punto di vista. Con una suddivisione di competenze tra gruppi criminali in continua evoluzione, anche nella loro stessa composizione. E questo ovviamente rende più difficile l’attività che dobbiamo svolgere. Quindi non si tratta di gruppi definiti nel loro organigramma”.
Ovvero?
“Ovvero non hanno posizioni definite, ma tendono a cambiare, anche in relazione alle alleanze tra i vari gruppi o tra i vari soggetti. Soggetti anche di spessore criminale rilevante.
Infatti, accade spesso che alcuni gruppi criminali presentino caratteristiche diverse da quelle che avevano qualche mese prima”.
Quali “ingredienti” per contrastare tutto questo?
“Sicuramente un’attività sinergica di tutte le forze di Polizia, che lavorano sotto la direzione delle due procure (quella ordinaria di Taranto e quella distrettuale di Lecce). Attività sinergica che si deve muovere attraverso percorsi di repressione, grazie a un’importante attività di investigazione e nello stesso tempo con un’attività serrata di controllo del territorio”.
Come deve avvenire l’attività di controllo del territorio…
“Sostanzialmente penso due cose. Innanzitutto che la piccola illegalità e la microcriminalità alimentino la grande criminalità e viceversa. Quindi c’è un scambio reciproco. Quindi, penso che per fare un’attività di contrasto seria alla grande criminalità bisogna avere un controllo del territorio che dia la possibilità di conoscenze delle dinamiche che si sviluppano nel territorio stesso”.
In fase di insediamento ha dichiarato che è importante il dialogo con i cittadini…
“Certo. Perché la collaborazione è essenziale ed è il risultato di un rapporto di fiducia che si istaura fra cittadini e Polizia di Stato. Ma allo stesso tempo noi, la Polizia di Stato, non possiamo e non dobbiamo pretendere nulla dal cittadino, ma dobbiamo mettere il cittadino solo in condizione di avere fiducia”.
Secondo lei esiste già a Taranto la sinergia tra cittadini e Polizia di Stato?
“Credo che già esista, ma va potenziata e migliorata”.
In che modo?
“Attraverso tutte quelle iniziative che permettano al cittadino di comprendere che noi possiamo e vogliamo essere un efficace punto di riferimento”.
“Esserci sempre” è diventata un po’ la filosofia della Polizia di Stato. Che significato ha per lei?
“L’essenza e lo sviluppo di quell”Esserci sempre’ sta proprio in tutto quello che facciamo e faremo. Ogni giorno. Perché ‘Esserci sempre’ significa essere vicini al cittadino, azzerare le distanze, essere vicini alle loro esigenze, capirne le necessità, interpretarne le istanze e renderlo partecipe in toto”.
“Oltreilfatto” si fa veicolo per un suo messaggio ai cittadini di Taranto…
“Voglio dire ai tarantini che vedo in loro una grande passione e una grande voglia di migliorare. E penso che anche per noi operatori della sicurezza questo obiettivo si possa raggiungere.
Noi cercheremo di fare la nostra parte e ce la metteremo tutta, augurandoci che la comunità sappia analizzare il nostro operato e che ci dia una mano a valorizzarlo.
Inoltre sono convinto che la sicurezza non si possa fare senza la partecipazione del cittadino”.
Perché?
“Perché il concetto che la stessa sicurezza venga demandata solo alle forze dell’ordine è assolutamente superato”.
Nella sua carriera spiccano, fra le tante esperienze, grandi successi investigativi mentre era a capo della Mobile a Ragusa e poi il coordinamento della sicurezza durante gli sbarchi a Lampedusa, sino ad arrivare alla sua nomina a questore di Benevento nel 2016.
“Queste sono le mie esperienze più forti. Ragusa è stata un’esperienza molto formativa importante dal punto di vista professionale. Ho fatto anche polizia giudiziaria ed è stata la parte della carriera che mi ha dato l’imprinting. Le successive tappe, in primis appunto quella di Lampedusa, mi hanno arricchito tantissimo dal punto di vista della capacità di gestione delle risorse e dal punto di vista organizzativo e tantissimo dal punto di vista umano.
Dopo Lampedusa ho fatto il vicario del questore a Trapani, che è una zona che purtroppo si commenta da sé dal punto di vista della mafia e poi Palermo”.
A questo punto le auguriamo che anche l’esperienza di Taranto possa donarle qualcosa di bello…
“Sono convinto (sorride il questore), che mi arricchirà, l’ho già capito… e anche fosse il contrario, anche le esperienze negative aiutano a capire moltissime cose… Comunque Taranto mi sembra un bel ‘banco di prova’…”.
Cosimo Lucaselli