Quarant’anni fa, in piazza San Pietro a Roma, l’attentato a Giovanni Paolo II e l’intervento salvavita al “Gemelli”. Un anno dopo il proiettile incastonato nella corona che adorna il capo della statua di Fatima
Aveva da poco riconsegnato una bambina ai suoi genitori, dopo averla tenuta qualche istante fra le sue braccia, quando in piazza San Pietro rimbombano alcuni colpi di pistola. Karol Wojtyla cade ferito nella papamobile.
Erano le 17:17 del 13 maggio 1981. A premere il grilletto il killer turco Mehmet Ali Agca. Due colpi di pistola. Ma, “una mano ha sparato e un’altra ha deviato la pallottola”, affermerà Wojtyla per spiegare la sua sopravvivenza. Perché, come noto, Agca era un killer professionista, per di più sparò a soli tre metri di distanza e una delle pallottola lo colpì a pochi millimetri dall’aorta addominale. Perse circa 3 litri di sangue, polso impercettibile, eppure il suo cuore continuava a battere. Più di 5 ore di intervento al policlinico “Gemelli” di Roma, dal quale Wojtyla ne uscirà salvo. Miracolosamente salvo per un percorso, quello della pallottola, insoiegabile, che non danneggiò neanche la sua colonna vertebrale.
Poi il periodo di convalescenza, durante il pensiero di Giovanni Paolo II era sempre rivolto a una straordinaria coincidenza. Il giorno dell’attentato era lo stesso giorno del 64° anniversario dell’apparizione della Madonna di Fatima ai tre pastorelli. Motivo per il quale il Papa chiese che li venisse portato dal Vaticano il fascicolo contenente la terza parte del Segreto di Fatima. Così un anno dopo Wotjtyla decise di recarsi a Fatima per ringraziare la Vergine. Occasione in cui fece incastonare il proiettile esploso da Agca nella corona che adorna il capo della statua di Fatima.
Il killer, comunque, non era di certo uno squilibrato. Era solo probabilmente l’esecutore di un piano criminale assai più grande di lui. Un piano criminale che, verosimilmente, nascondeva retroscena legati alla politica internazionale.
Wojtyla, circa due anni dopo, nel Natale 1983, si recò in prigione a far visita ad Agca. Fu un lungo colloquio il loro, ma nessuno seppe mai cosa si dissero. Il Papa affermò solo che “Ho parlato con lui come si parla con un fratello, al quale ho perdonato e che gode della mia fiducia. Quello che ci siamo detti è un segreto tra me e lui”.
Ad ogni buon conto, il killer, ascoltato più volte, non raccontò mai la verità, cambiando più volte la versione dei fatti.
Ergo, la domanda di cosa ci fosse veramente dietro quell’attentato non ha mai trovato una risposta certa.
Ma chi era Karola Wojtyla?
Era il 16 ottobre 1978 quando, dopo due giorni di conclave e otto scrutini, nel tardo pomeriggio, alle 18:18, arrivò dalla cappella Sistina la tanto attesa fumata bianca. Fumata bianca che annunciava al mondo intero (ancora scosso dalla morte improvvisa, dopo 33 giorni di pontificato, di Giovanni Paolo I), il 264° Papa della chiesa cattolica. Karol Wojtyla.
La sua opera di evangelizzazione nel mondo non è eguali, si è battuto per la pace nel mondo, aprendo sentieri con le altre religioni che sino ad allora erano impensabili. Già nel dicembre 1978, in occasione del trentesimo anniversario dalla firma della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, chiese a tutti gli stati il rispetto della libertà religiosa per tutti i cittadini.
Fu lui ad accompagnare il mondo verso una nuova epoca, mostrando chiaramente, sin dall’inizio del suo pontificato, opposizione al regime comunista. E a questo proposito significativi e decisivi i suoi tre viaggi nella sua terra, la Polonia. Viaggi durante i quali riuscì a scuotere significativamente le coscienze dei suoi connazionali. Tanto da arrivare a mettere in ginocchio il regime polacco del generale Wojciech Jaruzelski alle elezioni del 4 luglio 1989. Evento questo che poi portò gradualmente alla caduta di tutti i regimi sparsi nell’est europeo, passando per la caduta del Muro di Berlino nel novembre del 1989.
Risultati questi ottenuti dall’idea ampia e unitaria che Wojtyla aveva dell’Europa e dal principio che uomo e la libertà sono un binomio imprescindibile. Ma soprattutto riuscì a portare avanti tutti questi processi di rinnovamento tramite il dialogo e riuscendo ad evitare inaudite forme di violenze. Proprio quelle violenze che, qualche anno prima della liberazione della Polonia, avevano dominato la scena sia in Ungheria che in Cecoslovacchia.
Infatti, Wojtyla, in questi eventi storici, ebbe indubbiamente la capacità di orientare sapientemente i popoli verso la strada del perdono, della riconciliazione e della ricostruzione materiale e, soprattutto, morale.