Proseguiamo la nostra indagine sulle vicende politiche e amministrative andando alla fonte. Abbiamo sentito un esponente del gruppo di consiglieri che continua a sostenere Melucci (Michele Patano, Taranto Mediterranea); è la volta di un rappresentante del centro destra.
L’Avvocato Francesco D’ Errico è il commissario cittadino dell’UDC di Taranto; in questa veste ha partecipato di recente al tavolo del centro destra, tra l’altro da lui stesso sollecitato, istituito per valutare l’attuale situazione politico amministrativa a Taranto.
Lo abbiamo intervistato.
D. Innanzitutto spieghiamo il suo approdo nell’ UDC dopo una significativa esperienza politica che lo ha vista cimentarsi anche sul piano elettorale.
R. Ho sempre ritenuto l’impegno politico una sorta di dovere civico prima che di diritto di ogni cittadino. Ho provato ad offrire il mio contributo di idee, di tempo, di energie, per sostenere la mia città, con estrema umiltà.
D. Perché l’UdC?
R. Il mio modello di società è senza alcun dubbio ispirato a valori liberali; mi ritengo un moderato e nell’attuale panorama politico l’UdC mi è sembrato essere il giusto approdo dopo anni di militanza in altri movimenti politici di centro destra. Una scelta favorita anche dallo stretto rapporto di amicizia e di lunga condivisione del percorso politico con l’On.Le Chiarelli, attualmente vice segretario nazionale del partito di Cesa.
D. La sua ultima esperienza elettorale lo ha visto scendere in campo in una lista civica e successivamente ha costituito un’associazione di promozione sociale (Unione Civica); con il nuovo incarico cambia percorso?
R. Si tratta di piani diversi; le elezioni amministrative si connotano per una prevalenza dell’elemento personale e risentono meno dell’aspetto politico, fondandosi più sui temi locali. L’associazione, che continua a svolgere la propria attività, rappresenta uno strumento di collegamento tra i cittadini e le istituzioni. Non c’è alcun conflitto tra le due cose.
D. Alla luce dei risultati elettorali, personali e della coalizione che ha sostenuto, cosa si rimprovera o cosa non rifarebbe?
R. Sul piano personale, grazie anche all’apporto di molti amici, ritengo di aver conseguito un risultato soddisfacente, soprattutto in relazione al dato non esaltante della coalizione. Non sono abituato a rinnegare le scelte fatte e ad assumermi tutte le mie responsabilità. Si possono commettere errori di valutazione; ciò che conta è farne tesoro per non ripeterli. Cosa non rifarei? Fidarmi eccessivamente di chi ha poi dimostrato di non meritare la mia fiducia e la mia amicizia.
D. Restando nell’ambito delle ultime consultazioni amministrative come spiega la sconfitta della coalizione di cui faceva parte?
R. Purtroppo è la seconda volta consecutiva che il centro destra perde le elezioni più per propri demeriti che per meriti degli avversari. Mentre nel caso dell’amica Stefania Baldassari, che ricordo vinse al primo turno, abbiamo assistito ad un totale successivo capovolgimento che si spiega solo con un mancato sostegno di alcuni soggetti ben individuabili, le ultime competizioni hanno visto un centro destra di fatto fuori dal campo di gioco. È mancato un progetto costruito nel tempo e, ancora una volta, le decisioni, prese all’ultimo momento, sono calate dall’alto, e non maturate a Taranto. Potremmo dire che errare humanum est …. Ma perseverare ha riconsegnato la città ad un’amministrazione che, lo dicono i fatti di questi giorni, non è all’altezza delle grandi sfide che la città deve affrontare.
D. Parliamo di quanto accade negli ultimi tempi in tema di amministrazione della città
R. Credo ci sia poco da aggiungere a ciò che la cronaca ci segnala quotidianamente. Poco da dire su un sindaco di cui si conoscevano bene tutti i limiti politici e caratteriali. In meno di un anno e mezzo ha cambiato giunte, assessori, consigli di amministrazione delle partecipate, e, in ultimo, ha compiuto il capolavoro del totale stravolgimento del perimetro di maggioranza, riuscendo a isolarsi e a isolare la città in un momento drammatico caratterizzato da una serie di vertenze che stanno mettendo in ginocchio l’intero territorio già gravato da tempo da una crisi economica, sociale, occupazionale di proporzioni gigantesche.
D. A proposito di vertenze, la più rilevante, per proporzioni e per valore in termini occupazionali, è sicuramente quella che riguarda l’ex Ilva.
R. Come è noto il governo ha mandato via l’attuale gestore privato; meglio tardi che mai potremmo dire! Quanti oggi pontificano sono gli stessi, che, governando negli ultimi 12 anni, hanno (mal) gestito la problematica, cominciando proprio dall’affidamento del siderurgico ad uno dei maggiori competitor del settore. C’è un problema legato all’assenza di investitori nazionali affidabili, ma quanto deciso oggi andava fatto ai primi segnali di difficoltà. Ora non sarà facile uscire da una crisi che rischia la irreversibilità. Quando sento parlare di prestito ponte mi viene in mente la vicenda Alitalia purtroppo. L’Europa vigila attentamente su possibili “aiuti di Stato” e se non si individua al più presto un privato in grado di assumere la gestione dell’acciaieria c’è il rischio di un totale default dell’intero sistema economico locale.
D. Qual è la possibile soluzione?
R. È una bella domanda a cui non è sicuramente semplice rispondere; ritengo di non avere le necessarie competenze in materia come, purtroppo, molti di coloro i quali finora si sono occupati della vicenda. Quindi il primo passo dovrebbe essere quello di affidare il compito di individuare il percorso migliore ad una task force composta da specialisti. Occorre tenere conto del mercato dell’acciaio, delle nuove tecnologie che riguardano la qualità e soprattutto la compatibilità ambientale. Va detto che il ricorso a metodologie nuove che guardino ad una produzione green dell’acciaio è diventata una necessità ineludibile. C’è ora da affrontare l’ennesima emergenza. Il prestito stanziato dal governo probabilmente servirà solo a pagare gli insoluti che riguardano gas e materie prime. Resta da risolvere il contenzioso con le imprese dell’appalto che denunciano sofferenze per 120 milioni di euro.
D. Non c’è solo l’Ilva; anche il porto ad esempio è fermo.
R. A lungo abbiamo sentito dire che il porto sarebbe stato il volano del nuovo sviluppo! Cosa è avvenuto realmente lo dicono fatti e numeri. Abbiamo perso il transhipment, la crocieristica, già mordi e fuggi, si sposta a Brindisi e Bari, non vi è movimento mercantile che non sia legato alla grande industria. Ma sono molte altre le criticità. Continuiamo a non avere un’Università autonoma e soprattutto in grado di trattenere a Taranto i giovani. Gli ultimi dati Istat parlano di 1.000 residenti l’anno che vanno via. Tant’è che ormai la città conta più o meno 184 mila abitanti. Manca l’aeroporto, mancano collegamenti ferroviari decenti, ma, soprattutto, mancano le condizioni per attrarre nuovi investimenti.
D. Cosa può fare l’amministrazione comunale rispetto a tali criticità?
R. È chiaro che si tratta di problematiche che richiedono l’intervento delle istituzioni centrali; nel tempo il gap tra Nord e Sud è purtroppo aumentato anziché ridursi. Ma a livello locale è possibile, e necessario, disporre di una classe dirigente (e non solo politica) all’altezza della situazione. Se guardiamo a come si è trasformata la città di Brindisi per non parlare di Lecce e della Bari targata Decaro, abbiamo l’esempio di come una buona amministrazione del territorio sia fondamentale. In primo luogo occorre credibilità. I fatti ci dicono che il sindaco di Taranto non possa più rappresentare adeguatamente i tarantini e le loro istanze.
D. Qual è quindi la ricetta per uscire fuori dalle secche?
R. È di tutta evidenza la necessità di un radicale cambio di rotta; occorre chiudere l’attuale ciclo e dare alla città un’amministrazione all’altezza del ruolo. Ci sono molte opportunità, e risorse che dovrebbero (a questo punto è d’obbligo il condizionale) giungere in città. A cominciare dai quei Giochi del Mediterraneo sulla cui gestione Melucci è meglio stendere un velo pietoso. La palla è tra i piedi dei consiglieri comunali che devono decidere se assumere decisioni ispirate al senso di responsabilità o continuare a traccheggiare per difendere interessi personali. In ogni caso vi sono gli strumenti per indirizzare queste scelte. Si tratta di comprendere le reali intenzioni, soprattutto di quei partiti che hanno finora sostenuto Melucci.
D. Quindi nuove elezioni? È l’unica soluzione?
R. La sua domanda merita una risposta articolata. Che sia necessario tornare alle urne è ormai un dato di fatto. Che sia la soluzione è da valutare. Mi spiego meglio. La questione non è una qualsiasi nuova amministrazione; non si tratta di sostituire un sindaco. Non possiamo far passare il messaggio che un solo uomo possa determinare le sorti di una città; le responsabilità appartengono all’intero sistema politico, compresa, purtroppo, un’opposizione frammentata. Dunque è importante non ripetere gli errori del passato. Riferendomi alla mia parte politica auspico che si avvii subito un percorso per definire un progetto di reale rinascita di Taranto e si individuino i soggetti capaci di realizzarlo. Iniziando con un radicale rinnovamento che veda esclusi coloro i quali hanno fallito nel passato, responsabili delle scelte che hanno determinato le ripetute sconfitte del centro destra tarantino.
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