1,2 milioni di fumatori in più, 1 studente su 5 ha utilizzato i prodotti del tabacco e nicotina
Lo dicono i nuovi dati di uno studio longitudinale dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) svolto in collaborazione con l’Istituto Farmacologico Mario Negri.
Sono state realizzate 3 survey su un campione (3.000) di 18-74 anni rappresentativo della popolazione italiana secondo le principali variabili socio demografiche nei seguenti tempi: gennaio 2020 (pre lockdown), aprile 2020 (pieno lockdown), novembre 2020 (parziale lockdown), maggio 2021 (parziali riaperture).
Nonostante tabagismo rappresenti uno dei più grandi problemi di sanità pubblica a livello mondiale e uno dei maggiori fattori di rischio nello sviluppo di patologie neoplastiche, cardiovascolari e respiratorie, durante la pandemia, il consumo di tabacco è cresciuto in modo esponenziale.
Assume rilevanza anche il fatto che tra i vari fattori di rischio per evitare una prognosi più infausta di Covid-19 il fumo sembra essere quello più importante perché evitabile, anche se potrebbe non essere direttamente correlato all’incidenza della malattia causata dal SARS-CoV-2.
La pandemia ha significativamente cambiato le abitudini degli italiani rispetto al fumo: dopo una riduzione ad aprile 2020 rispetto a gennaio 2020 (pre lockdown) c’è stato un aumento dei fumatori a maggio 2021, con una prevalenza del 26,2 (circa 11,3 milioni) rispetto anche a novembre 2020 (24%), più di un milione di fumatori in più.
Il dato che allarma maggiormente è quello elaborato dall’ISS, in collaborazione con la Società Explora – centro di ricerca e analisi statistica di Padova. Non diminuisce il numero di giovani consumatori: 1 su tre tra i 14 e i 17 anni ha già avuto un contatto con il fumo di tabacco e quasi il 42% con la sigaretta elettronica.
E’ emerso che nel periodo di isolamento a causa del coronavirus, anzichè cambiare abitudini, è aumentato il consumo dei prodotti a base di tabacco e di nicotina.
Il consumo occasionale o abituale di tabacco tradizionale o di sigaretta elettronica è più frequentemente associato a comportamenti non salutari: il binge drinking, il consumo di cannabis o di nuove sostanze psicoattive sono infatti pratiche più frequentemente attuate dai fumatori di sigarette tradizionali o utilizzatori di sigarette elettroniche.
L’indagine, condotta su un campione di 2775 studenti di 14-17 anni frequentanti una scuola secondaria di secondo grado, ha fatto emergere che il 37,5% degli intervistati ha già avuto un contatto con il fumo di tabacco e il 41,5% con la sigaretta elettronica.
Il 52,5% degli studenti ha iniziato a consumare tabacco o a utilizzare la sigaretta elettronica alle scuole superiori, sebbene il 47,5% di essi abbia iniziato già prima, alle scuole elementari (4,1%) o alle scuole medie (43,4%). Il prodotto utilizzato per la prima volta è stato prevalentemente la sigaretta tradizionale (77,6%) ma c’è anche chi ha iniziato con la sigaretta elettronica (20,1%) o la sigaretta a tabacco riscaldato (2,3%). Questi ultimi dati destano particolare preoccupazione in quanto poco meno di uno studente su quattro sperimenta per la prima volta proprio i prodotti immessi sul mercato nel corso degli ultimi anni e che dovrebbero avere come target di riferimento solamente i fumatori di sigarette tradizionali. Tra i ragazzi di 14-17 anni che hanno invece dichiarato un consumo di sigarette tradizionali o prodotti alternativi ad esse, il 18,5% utilizza prevalentemente sigaretta elettronica con (9,4%) o senza (9,1%) nicotina, mentre il 16,3% utilizza prevalentemente sigarette a tabacco riscaldato.
Secondo i dati ISTAT, nel 2020, i fumatori, tra la popolazione di 14 anni e più, sono poco meno di 10 milioni. La prevalenza è pari al 18,4%. Forti sono le differenze di genere: tra gli uomini i fumatori sono il 22% tra le donne il 15,1%. Il fumo di tabacco è risultato più diffuso nella fascia di età tra i 25-34 anni (24,2%).
In definitiva, possiamo affermare che, nonstante siano cambiate le abitudini dei consumatori durante lo stato pandemico, non sono cambiati i servizi di sostegno per fumatori che vogliono smettere di fumare o quantomeno, sembra che non si siano ampliati.
Bisognerebbe attuare una campagna di comunicazione incisiva contro il fumo, oltre alla Giornata mondiale senza tabacco che ricorre ogni 31 maggio, per evidenziare anche il rischio di sviluppare una sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), cioè una insufficienza respiratoria (polmonare) che porta all’accumulo di liquido nei polmoni e della riduzione eccessiva di ossigeno nel sangue.
Bisogna tutelare la salute e promuovere le potenzialità degli individui, fin da prima della nascita, con un approccio life course in cui politiche, programmi e servizi si integrano per fornire conoscenze e risorse alle persone in tutte le fasi del ciclo di vita.
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