C’è poco da fare, ogni padre o madre desiderano nel profondo del cuore che i loro figli stiano bene, se poi sono mamme del sud vorranno sapere che abbiano anche mangiato sufficientemente e di buon gusto. Per quanto diversamente a volte possa apparire, tutti i genitori cercano di essere dei bravi genitori per i propri figli.
Ieri, oggi e domani
Per tanto tempo nel passato i ruoli all’interno della famiglie e dalla società sono stati stabilmente riconoscibili e radicalmente fondati; uomini e donne non dovevano fare altro che rivestire il proprio ruolo, non ci si ponevano molte domande su quale fosse la giusta educazione da impartire ai figli, spesso non c’era nemmeno il tempo per domandarsi alcunché; i figli, specie quelli sopravvissuti, venivano cresciuti come tradizione comandava. Col subentrare di un maggior grado di libertà apparente, sono venuti a mancare paletti e modelli consolidati; questo da una parte ha richiesto una presa di responsabilità e quindi un maggiore impegno di consapevolezza, dall’altra ha portato a una maggior dose d’insicurezza. Il ruolo di genitori è diventato problematico e difficile da svolgere, a meno di non affidarsi ai nuovi educatori surrogati come smartphone, tablet e consolle iperconnesse che in modo ipnotico domano illusoriamente i figli con la falsa immediatezza riconducibile nella sua efficacia all’antico lancio dello “zoccolo” e al battipanni furente. Nella realtà, oggi come oggi, cosa possono fare una madre e un padre, per creare attorno ai propri figli un’atmosfera che sia di nutrimento e d’incoraggiamento? Come possono rendere i figli capaci di affrontare il nuovo mondo in modo efficace, senza farne dei “bamboccioni” me neanche degli squali spietati ? Incominciamo a pensare a ciò che ci avrebbe fatto bene come figlio nel rapporto con i nostri genitori, ma pensiamolo non con l’esperienza e le “mazzate” che la vita sembra averci dato all’età che oggi portiamo, ma con gli occhi le orecchie e il cuore di bimbo; non è difficile, siamo stati tutti bambini, anche se spesso lo dimentichiamo. Aggiungiamoci solo un componente, quello che in definitiva ci definisce come adulti, il senso di responsabilità, quello che ci fa mettere il petto in fuori e sentirci bene, non il senso di colpa che ci preme sulle spalle e ci porta chini a guardare ciò che è stato e che poteva essere evitato.
I genitori danno, i figli prendono
L’unico verso per cui una famiglia può reggere è quello di mantenere al meglio l’equilibrio tra genitori e figli, è imperativo che padre e madre diano e i figli ricevano. Un figlio si sente protetto e sicuro quando avverte che i genitori sono “grandi”. I genitori non sono “coetanei” e non sono amici. Io non sono sullo stesso ordine dei miei due figli, io vengo temporalmente prima di loro, senza di me loro non sarebbero in questo mondo, la vita scorre da me verso loro. I figli si sentono al riparo quando percepiscono che i genitori sono “grandi”, sanno di poggiare su di una base sicura da cui potersi proiettare nel mondo. Questo è l’effetto che producono sui figli i genitori responsabili, che affrontano le proprie difficoltà e che sono per loro presenti. Tutto questo è possibile quando un genitore acquisisce la consapevolezza di essere padre o madre e non figlio dei propri figli, non compagno con la necessità di essere amato da loro per “sentirsi bene” nella vita. Per vivere bene il proprio ruolo i genitori “devono” amare, mentre “possono” essere amati dai propri figli. In verità, specie da piccoli, i figli amano di un amore cieco i propri genitori e quell’amore è un flusso naturale, non va conquistato e nemmeno quando crescono comprato. Un genitore è responsabile nel suo ruolo, quando è consapevole di poter commettere piccoli come grandi errori poiché quando pone dei limiti ai figli, lo fa per il loro bene; i piccoli, anche nel pieno delle proteste, scorgono sempre l’amore dei genitori che si nasconde dietro la limitazione, anche se gridano il loro odio apparente.Un genitore dovrebbe sentirsi veramente bene se nell’intimo silenzio riuscisse a pronunciare, sentendole vere, parole come
“Io sono il tuo papà e tu sei mio figlio. Io sono grande e tu sei piccolo. Io do, tu prendi”.
Oggi non è affatto scontato che i genitori si sentano “grandi”, molte volte accade che avvertano invece i propri figli come “grandi”. I genitori di oggi sono spesso disorientati in merito a quale sia il modo più giusto di comportarsi verso i propri figli. La paura di sbagliare è sempre in agguato. I figli avvertono questa indecisione e reagiscono di conseguenza.
Io sono grande e tu sei piccolo
Quando i genitori percepiscono i figli come “grandi”, non sentendosi adatti e preparati al ruolo, cadono nella costante paura di sbagliare. I piccoli avvertono sempre questo timore, quest’inversione dell’ “ordine familiare” e perdono la figura di riferimento. Può capitare che chi ha dovuto giocare il ruolo di “grande” nei confronti dei propri genitori, possa poi sentirsi “piccolo” nei riguardi dei propri figli. Desideri e tensioni non soddisfatti della propri infanzia verranno proiettati sui nuovi nati, invertendo sempre più spesso l’ordine della relazione. Diventa allora necessario chiarire il rapporto con i propri genitori, anche se non sono più in vita, essendo loro grati, riconoscendoli seppur nelle loro limitazioni come coloro che ci hanno dato la vita restituendoli comunque al loro destino, che non è il nostro; questo ci renderà più responsabili e liberi dai bisogni che potremmo riversare sui nostri figli. Guadagneremo in autostima e sarà più facile dare ai i propri figli senza pretendere di ricevere e porsi a guida esemplare del loro agire.
Non sono perfetto e va bene così
E’ facile cadere nella trappola di aspirare ad essere il genitore perfetto, questo non fa altro che indebolirci. Incominceremo così a provare la sensazione di non dare ai figli abbastanza amore, tempo o comprensione, generando immensi sensi di colpa. Questo ci rende piccoli e incapaci di rivestire il ruolo a cui noi stessi ci siamo chiamati.
“Io non sono perfetto. Ciò che posso darti , te lo do”
“Ai miei sensi di colpa ci penso io, appartengono a me. Tu sei solo mio figlio”
Se riusciamo a pronunciare queste frasi senza esitazione pensando di avere un figlio di fronte, sentendole vere, seppure a volte dolorose, allora siamo sulla buona strada per essere ottimi genitori che di errori ne faranno, dandoci per quello che siamo, senza però arenarci nelle acque stagnanti del non migliorarsi. Quando riusciremo ad accettare i nostri limiti come genitori affrancheremo dai nostri carichi la vita dei nostri figli. Quest’ultimi , specie da piccoli, tendono a sentirsi la causa di ciò che i genitori provano. Se come padre o madre siamo attanagliati dai sensi di colpa non sarà raro che nostro figlio possa tra se dire
“Se il papà e mamma stanno male, dev’essere per colpa mia. Se fossi un bambino più buono, starebbero meglio”.
Tenere i figli fuori dai conflitti della coppia
Sono oramai anni che Psicologi, sociologi e pedagogisti predicano il tenere i figli fuori dai conflitti della coppia; in un mondo ideale sarebbe la cosa migliore ma in quel mondo ideale non dovrebbero esistere anche i conflitti di coppia. Nella realtà è impossibile tenere i figli fuori da questi conflitti. Da piccoli siamo tutti un po’ intimamente divisi, per natura passiamo da un sentimento all’altro, da un pensiero ad un altro, da un modo di essere nel mondo al suo opposto; questa scissura dell’esistere si salda man mano crescendo, mostrando al mondo una persona compatta e a volte coerente. Da piccoli vediamo normalmente nei nostri genitori un porto sicuro dove ormeggiare il nostro galeone pirata, dove col loro aiuto ammainiamo le vele e ci riforniamo di cibo, affetto e sicurezza. Per quanto si voglia mantenere i figli al di fuori degli affari della coppia, dei loro conflitti e della loro separazione, questi vedranno il dividersi del porto sicuro, in quello che non è una moltiplicazione dell’ormeggio ma una scissione di quella sicurezza. Ciò però seppur da considerare, non può impedire le sane separazioni, che sono da preferirsi agli eterni conflitti.
“Tu ed io ci facciamo carico di ciò che c’è tra di noi. Questo appartiene solo a noi due come coppia. I nostri figli li teniamo fuori”
E’ ciò che dei coniugi in separazione dovrebbero in piena coscienza esprimersi come intendimento, senza se e senza ma, con la chiara intenzione di agire nel mondo come genitori veri e consistenti.
“Ciò che c’è tra me e la mamma e papà, lo portiamo noi due insieme. Voi siete solo i figli”
E’ ciò che profondamente e silentemente si dovrebbe proiettare sui figli
La famiglia estesa, un nuovo ordine
La tipica famiglia felice e sorridente proposta negli spot televisivi non è sempre la realtà. L’amore può arrivare ed andare via, le relazioni nascono così come possono morire. Durante questi rapporti vengono messi al mondo dei figli e altri ancora possono nascere in nuove relazioni. E’ bene che in queste nuove famiglie estese si metta in chiaro chi sono i genitori, e ringraziare chi si prende comunque cura dei figli non suoi. Così pensare che
“Io sono tua madre e questo è tuo padre. Tu crescerai con me e con il mio secondo marito, ma lui non è imparentato con te”
Può mettere un ordine interiore che si rifletterà anche esternamente, così come :
“È un dono assolutamente speciale il fatto che tu ti occupi anche di mio figlio. Ti ringrazio per questo”
Darà il giusto equilibrio alla nuova famiglia rispettando anche il senso di appartenenza. Se si desidera che la nuova compagine familiare sia armoniosa, consolidata e possibilmente duratura, non ci si può esimere dal rispettare le relazioni precedenti del partner, che siano state sane o maledette, essenzialmente ci sono state a prescindere dalla loro natura.
Si può vivere in un tempo nuovo solo onorando ciò che è già stato, dandogli il giusto ordine, rispettandone l’equilibrio senza escludere nessuno, perché queste sono le radici e senza di esse non ci sarà mai modo di volare.
Dr. Egidio Francesco Cipriano
Psicologo
Training esperienziale in Costellazioni Familiari
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