I primi approcci
Possono essere individuati due periodi di collaborazione tra Freud e Jung, il primo databile dal 1906 sino al viaggio negli Stati Uniti d’America, che diventa l’evento spartiacque dal 1909 fino alla vera e propria rottura dei loro rapporti. Nel primo periodo il tema tecnico metodologico dominante fu la distinzione tra nevrosi e psicosi, nel secondo tempo della loro commistione intellettuale si può
affermare che la mitologia e la religione diventarono il fulcro del loro comune studio e dibattito, alla ricerca di un complesso centrale della psiche umana. Quest’ultima ricerca fu anche determinante per la rottura della loro relazione e le dimissioni di Jung come presidente dell’ International Psychoanalytic Association il 20 Aprile 1914. La comprensione del modo in cui questi due studiosi tentassero di dare un senso alla definizione e al problema della psicosi, può concretizzarsi solo leggendo la loro corrispondenza, poiché le loro pubblicazioni del tempo non mettevano in evidenza lo sforzo che i due stavano conducendo. Le pubblicazioni più conosciute dell’epoca riguardo Freud furono l’analisi del “piccolo Hans” e dell’ “uomo dei topi”, quest’ultimo, fu anche oggetto di corrispondenza con Jung. Tra i due si sviluppò un dialogo epistolare serrato la cui posizione centrale era occupata dalla dementia praecox; a riguardo lo stesso Freud affermava di possedere pochissima esperienza prima di allora, mentre Jung d’altro canto si confrontava continuamente con questa condizione durante i suoi lavoro al Burghölzli. La corrispondenza tra Jung e Freud si apre con una lettera di quest’ultimo, datata 11 Aprile 1906, scritta per ringraziare il primo per avergli inviato una copia del suo testo “Studi di associazione diagnostica” il cui ultimo articolo “Psicanalisi ed Esperimenti Associativi”, dovrebbe essere stato di notevole interesse per Freud, anche se non lo commentò. La lettera fu semplicemente un
espressione di gratitudine per il regalo del libro:
“11 Aprile 1906, IX. Berggasse 191 Caro Collega, i più vivi ringraziamenti per l’invio dei Suoi Studi diagnostici sull’associazione, di cui per impazienza ero già entrato in possesso. Il Suo ultimo lavoro Psicoanalisi ed esperimento associativo è, naturalmente, quello che mi ha fatto più piacere, perché Ella, basandosi sull’esperienza, ha sostenuto che io non ho riferito se non la verità in campi su cui fino ad ora la nostra disciplina non si era ancora avventurata. Sono fiducioso che Lei si troverà ancora spesso nella condizione di confermare le mie idee e d’altra parte mi lascerò correggere volentieri. \suo devoto collega. Dottor Freud”
Tra trauma e sessualità infantile
Jung non rispose, fu solo il cinque Ottobre del 1906, dopo che Freud gli inviò una copia del suo “Scritti brevi sulla teoria della Nevrosi”. La lettura del testo ricevuto rese palese a Jung che Freud aveva un tempo supposto e affermato che la radice di tutte le nevrosi fosse un vero e proprio trauma sessuale che si era verificato durante l’infanzia, accompagnata da una effettiva irritazione sui genitali, ma che in seguito aveva abbandonato questa teoria, sostituendo la teoria della trauma sessuale con quella della sessualità infantile. Volendo comunque, analizzare l’apertura del rapporto epistolare tra i due studiosi, con l’intento di comprenderne l’evoluzione futura, rivedendo la prima lettera di Freud alla luce di una sua conferenza tenuta nel Giugno del 1906, dove elogiava il lavoro di Jung sulle associazioni, si può comprendere che questa non fosse solo una formale lettera di ringraziamento, ma una pietra miliare in quello c he sarebbe stato uno dei rapporti più produttivi perla terapia della mente; anche Jung non fu da meno, rispondendo attraverso uno scritto ad un attacco feroce di Aschaffenburg alle pratiche e alla teoria di Freud al congresso di Baden-Baden del maggio del 906. Questo scritto è di considerevole importanza, fu la prima vera pubblica difesa di Freud all’interno del mondo accademico. Tuttavia ha anche illustrato l’atteggiamento di Jung nei confronti di Freud. Jung rimproverò Aschaffenburg per essersi esclusivamente concentrato sul fatto che Freud discutesse della sessualità ignorando o trattando solo marginalmente senza ulteriori approfondimenti il resto delle teorie Freudiane, che risultavano molto più importanti. Era opinione di Jung che il più grande merito di Freud fosse l’aver indicato l’influenza delle formazioni inconsce sulla coscienza. Per ciò che concerne l’affermazione che per Freud tutta l’isteria fosse conducibile alla sessualità, Jung si trovò a rispondere che Freud non pretendeva di aver esaminato tutti i casi d’isteria e per tale motivo appariva unilaterale rispetto la sessualità. Jung ribadì che Freud non avrebbe sicuramente avuto obiezioni nel modificare le sue dichiarazioni, affermando che non tutti i casi affondassero le loro radici nella sessualità ma solo un grande numero di essi. Tali argomenti fecero anche parte costituente della prima missiva che Jung inviò a Freud nell’ottobre del 1906:
“Zurigo 5 ottobre 1906 Stimatissimo professore, riceva il mio ringraziamento più sentito per il Suo cortese invio. Questa raccolta dei vari Suoi scritti minori, dovrebbe essere salutata con gioia da tutti coloro che vogliono familiarizzarsi rapidamente e a fondo con le Sue concezioni. Auguriamoci che in futuro la sua comunità scientifica continui ad ampliarsi, malgrado gli attacchi che, tra il plauso delle autorità, Aschaffenburg ha sferrato contro la Sua teoria, si sarebbe quasi tentati di dire: contro la Sua persona. L'aspetto inquietante di questi attacchi è, che a mio modo di vedere, Aschaffenburg si aggrappa a elementi esteriori, mentre i meriti della Sua teoria risiedono nella sfera psicologica che psichiatri e psicologi di moderna osservanza, padroneggiano un po' troppo poco. Poco tempo fa ho avuto con Aschaffenburg un vivace scambio di lettere sulla Sua teoria, nel corso del quale ho ribadito questo punto di vista su cui, forse, Lei, stimatissimo professore, non concorda pienamente. Ciò che io sono in grado di valutare e che ha incoraggiato noi qui dal punto di vista psicopatologico sono le Sue concezioni psicologiche, mentre la terapia e la genesi dell'isteria resta ancora abbastanza estranea alla mia comprensione, data la relativa scarsità di materiale isterico qui da noi presente. Anche verso la Sua teoria sessuale assumo il medesimo atteggiamento. Insistendo esclusivamente su questi delicati problemi teorici, Aschaffenburg dimentica la cosa essenziale, cioè la Sua psicologia, dalla quale la psichiatria trarrà indubbiamente, un giorno, vantaggi inesauribili. Spero di poterLe spedire presto un piccolo libro nel quale prendo in esame la dementia praecox e la Sua psicologia partendo dal Suo punto di vista. Nel libro pubblicherò anche il primo caso nel quale ho richiamato l'attenzione di Bleuler sull'esistenza dei suoi principi, al tempo in cui Bleuler opponeva ancora una viva resistenza; ma come Lei sa, ora Bleuler si è pienamente convertito. Con stima deferente, Suo devoto e riconoscente, Carl Gustav Jung.”
Nella sua risposta Freud , del sette Ottobre del 1906, Freud espresse la sua speranza che Jung, come lui, scoprisse gradualmente il vero ruolo della sessualità; nel frattempo Jung pubblicò l’articolo “Associazioni, Sogni e Sintomi Isterici”, inviandone una copia a Freud, il quale fu molto contento che il tema della sessualità fosse trattato in maniera esplicita e chiara di concerto con quello del Transfert, che tanto impegnava Freud all’epoca.
Psicologia della dementia praecox e sogni
Nel dicembre del 1906, Jung diede alla stampe “psicologia della dementia praecox” di cui copia fu immediatamente inviata a Freud. Purtroppo, la lettera a Jung in cui Freud discusse di questo libro non è stata ritrovata, ma doveva probabilmente essere pervasa da notevoli critiche perché la successiva lettera di Jung rilevava un notevole disappunto. Tra le altre cose, Freud deve aver evidenziato alcuni punti deboli in una delle interpretazioni dei sogni di Jung citate nel testo, il quale rispose che era ben consapevole del fatto che il sogno non fosse abbastanza analizzato, aggiungendo che, poiché il suo sogno era uno dei suoi, aveva scelto di non rivelarlo completamente. Più importante fu la risposta di Jung per l’osservazione di Freud a proposito della nozione di “indistinzione”, che Jung utilizzavo come supporto alla spiegazione del simbolismo onirico. Secondo Jung, non bisognava soffermarsi su questo concetto,in quanto lo aveva accettato perché era compatibile con la psicologia di Wundt e perché forniva un’immagine visiva accessibile all’ordinaria comprensione umana. Secondo Jung, il concetto spiegava semplicemente il fatto che talune immagini oniriche potessero essere spostate, ma non offriva né la causa né la ragione di questo spostamento. Invece di idee “indistinte” si potrebbe facilmente parlare di idee “povere in associazione”. Questo concetto di indistinzione, ovviamente, toccava il problema della differenza essenziale tra la visione freudiana dell’inconscio e quella di Jung. Nella sua risposta, Freud scrisse impiegando il concetto di “indistinzione”, Jung aveva omesso una notevole quantità di lavoro onirico. Tuttavia, affermò quanto fosse alquanto difficile scrivere tutto quello che riteneva dover dire sull’argomento e invitò Jung a fargli visita a Vienna. Un altro argomento che Freud sperava di discutere con Jung era il problema della sessualità. Jung accettò volentieri l’invito a visitare Vienna e vi si recò con sua moglie Emma e Ludwig Binswanger, che all’epoca lavorava sotto la supervisione di Jung. L’incontro avvenne di Domenica il 3 marzo, 1907.
S’incontrano a Vienna
Nel 1907 Freud aveva 51 anni, ed era già abbastanza famoso; Jung ne aveva 32, con una professione ben avviata, in quanto già vice di Bleuler al Burghölzli. Come riportato in un famoso testo riguardante il loro scambio epistolare per lungo tempo i due esercitarono come una sorta di reciproco incanto l’uno sull’altro; da notare che Jung era il primo “discepolo” non ebreo di Freud, che lo vide il suo delfino, l’erede e il continuatore della nuova scienza di cui era l’ideatore. Freud era molto colpito dall’energia, l’entusiasmo el’impegn o di Jung, e si affezionò molto a lui, riconoscendolo in seguito come “il migliore aiutante che abbia mai avuto”. In effetti Freud all’epoca aveva due problemi da affrontare: una sorta di mix tra ipocondria e superstizione, che lo aveva convinto di avere solo altri 20 anni da vivere, e il timore dell’incipiente antisemitismo che, unito al disgusto pubblico che suscitavano le sue teorie sulla sessualità, gli facevano temere per l’esistenza della psicoanalisi. “Affidarla” a uno svizzero cristiano quale era Jung significava salvarla da questo fato. Senza contare che comunque Jung aveva dato ottimi contributi alla teoria e alla pratica della psicoanalisi: i suoi esperimenti sull’associazione verbale fornivano una prova empirica dell’esistenza e del potere dei complessi inconsci, sebbene il suo lavoro con gli schizofrenici implicasse dei concetti psicanalitici in settori che andavano oltre il campo di Freud (nonostante avesse fatto esperienza di neurologia e apprendistato in un istituto psichiatrico aveva poca esperienza in questo settore)
Da padre in figlio ?
Dalla parte di Jung, il suo desiderio di amicizia con Freud era sia personale che professionale: aveva trovato in quell’uomo più anziano un mentore, una persona che rappresentava quel padre coraggioso, dal punto di vista intellettuale, che lui non aveva mai avuto. Entrambi, inizialmente, si riferirono alla loro relazione come a quella “tra padre e figlio”. In realtà Freud vedeva in Jung più che un figlio una sorta, come abbiamo detto, di principe ereditario, tenuto però a rispettare incondizionatamente la sua autorità e a perpetuare, senza modifica alcuna, le dottrine e i principi della tecnica da lui ideata. Jung, dal canto suo, già sapeva che, nonostante il proprio desiderio di approvazione da parte di colui che considerava il maestro, di cui ambiva sinceramente a diventare il successore, non avrebbe potuto approvare incondizionatamente tutte le idee di Freud. Anche perché non aveva intenzione di sacrificare la propria integrità intellettuale a una serie di dogmi esattamente come aveva fatto suo padre, quello “biologico”. Come riporta anche Silvia Vegetti Finzi, inizialmente Jung aveva adottato il pensiero di Freud, utilizzandolo con successo nella diagnosi e nella terapia delle psicosi, riconoscendo allo studioso austriaco la rivoluzione operata nei confronti della psichiatria classica. Quando si incontrarono per la prima volta, parlarono ininterrottamente per tredici ore. Tra i due, quello che rivelò quasi tutto su di sé, sogni compresi, fu Jung. Freud preferiva non rischiare di mettere in discussione la propria autorità rivelando troppo di se stesso. L’apporto di Jung al lavoro di Freud fu decisamente sostanzioso, anche perché proveniva da un ambiente scientifico, quale la Facoltà di Medicina e la Clinica Psichiatrica di Zurigo, cosa che conferiva alle teorie di Freud una conferma autorevole, apportando un’importante componente di rigore accademico e intelligenza ai dibattiti del gruppo psicoanalitico viennese. Si capisce, quindi, come la loro relazione fosse qualcosa di più di un semplice rapporto maestro-allievo
Dott. Egidio Francesco Cipriano
Psicologo – Informatico
Foto di Gerd Altmann da Pixabay
Bibliografia
- FREUD S., Analisi della fobia di un bambino di cinque anni (Caso clinico del piccolo
Hans), in Casi Clinici, Torino, Bollati Boringhieri, 2008 - FREUD S., Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva , in Casi Clinici, Torino,
Bollati Boringhieri, 2008 - FREUD S., Nuove osservazioni sulle neuropsicosi da difesa in Progetto di una
psicologia e altri scritti 1892-1899, Torino, Bollati Boringhieri, 2002 - FREUD S., Lettere 1873-1939, Boringhieri , 1974.
- FREUD S., JUNG C.G., Lettere tra Freud e Jung (1906-1913), Torino, Boringhieri, 1974
- MCGUIRE W., The Correspondance Between Sigmund Freud and C.G. Jung,
Princeton, Princeton Univ. Press, 1974 - VEGETTI FINZI S., Storia della psicoanalisi. Autori opere teorie 1895-1900, Milano,
Mondatori, 1986